Donne senza tempo

Cristina non aveva paura. Teneva comizi in piazza negli anni Venti, quando il fascismo prendeva campo e la Valdichiana era attraversata dai raid squadristi delle camicie nere contro chi si ribellava al regime: anarchici, socialisti, comunisti ma anche tanti contadini non schierati, depredati e picchiati.
Cristina Tralci, foianese, è la prima donna che in quegli anni carichi di fermenti e repressione, unisce impegno civile e politico; sapeva comunicare con la gente, al punto che di lei si scriverà: ‘parlava meglio di un uomo’.
Carolina cuciva bandiere e su ognuna ricamava simboli e slogan contro l’oppressore.
Condivideva le idee del fratello Bernardo Melacci, esponente di spicco del movimento anarchico foianese e tra gli artefici dei Fatti di Renzino.
17 aprile 1921: a Foiano arrivarono due camion con a bordo 22 militanti fascisti impegnati – ufficialmente – in azione di “propaganda”, in realtà comandati per una spedizione punitiva contro il paese “rosso”. Fu una giornata di violenza: pestaggi, torture, ruberìe.
Tra i foianesi montava la rabbia e alcuni di loro, Bernardo Melacci e Galliano Gervasi, organizzarono un’imboscata a uno dei due camion che lungo la strada per rientrare ad Arezzo, attraversò l’abitato di Renzino. In quell’assalto furono uccisi tre militanti, tutti poco più che ventenni; la rappresaglia delle camicie nere fu immediata: nove morti e tanti arresti.
Cristina e Carolina hanno partecipato ai moti di ribellione, ciascuna secondo la propria inclinazione e tuttavia entrambe unite dagli stessi ideali che Carolina disegnava sulle bandiere e Cristina portava tra la gente.
Il legame tra le due donne è simbolicamente raffigurato nella bandiera del Murales che le ritrae: un drappo che dalle mani di Carolina intenta a ricamare stelle – emblema della forza delle idee – attraversa le pareti di una galleria, nel centro storico di Foiano – e diventa vessillo che Cristina impugna: le stelle attraversano un cielo notturno e si trasformano in uomini e donne sulle cui gambe camminano le idee.
Nian ha trent’anni e la passione per l’arte
che dopo gli studi all’Accademia di Firenze ha tradotto in professione: artista specializzata in arte urbana, su tela e in laboratori di pittura murale con i ragazzi.
Ha realizzato il Murales dedicato a Cristina e Carolina nella ricorrenza dei cento anni dai Fatti di Renzino.
Un progetto per onorare la loro memoria e tramandarla ai giovani inserito in un più ampio programma di celebrazioni voluto dal Comune (in collaborazione con la sezione Anpi ‘Licio Nencetti’, la famiglia Raspanti e Francesco Bellacci, nipote di Ezio Raspanti, l’associazione culturale “A testa alta”) che culmineranno sabato prossimo in un convegno in streaming e l’inaugurazione di due mostre e, appunto, del Murales al quale sta lavorando Nian insieme a Matteo Bidini, produttore culturale molto attivo nel filone dei neo-muralisti e sull’interazione tra opera, luogo e persone.
Due giovani impegnati sulla memoria e il messaggio di due figure femminili che cento anni fa avevano la loro stessa età e la loro stessa tensione alla vita.
Mi colpisce l’intensità di questi ragazzi e le parole di Nian che studiando le vicende di Carolina e Cristina si è emozionata – racconta – per la loro integrità morale e ideale di fronte ai soprusi del regime fascista al quale non si sono mai piegate e per la forza di un messaggio ancora oggi attuale.
Matteo si sofferma sulla forza comunicativa del Murales: “Si può osservare l’artista mentre lavora, le persone interagiscono, magari raccontando particolari sul tema rappresentato che diventano nuovi spunti artistici”.
Come quella volta a Civitella nel cantiere di un’opera con la quale entrarono in contatto gli anziani del luogo o nei dipinti sui muri di Palermo condivisi con gli abitanti delle vie dove non c’è distacco con la vita che scorre dentro le case.
Ha progetti che lo porteranno ancora in Valdichiana insieme a Nian, quando sarà possibile ritornare a un barlume di normalità dopo lo tsunami Covid.
Ci salutiamo con una riflessione sul concetto di arte pubblica che è arte per tutti, che tutti possono ammirare camminando per strada e ritrovando interiormente l’equilibrio della bellezza in mezzo agli affanni della vita.

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