Dallo Zigolo all’Ancillotti ‘infilato’ in una Fiat 850

Le imprese di un gruppo di amici e la passione per la moto

Dalla pesca alle moto: ‘amori’ che, per come li descrive Alberto, si possono capire fino in fondo soltanto vivendoli. Tutto comincia un giorno nel garage del nonno, di fronte a uno Zigolo Moto Guzzi “carenato, una vera schifezza”, esclama Alberto. Ma davanti a quel motore i due ragazzi iniziano a sognare ciò che sarebbe accaduto l’anno dopo.“Compiuti i 14 anni chiesi al babbo, il Fantic Caballero 50 da regolarità e Fabrizio si fece comprare un Lui Innocenti, simile alla Vespa. Ricordo come fosse ora: arrivò con questo motorino fiammante, di colore arancione al quale aveva fatto applicare uno scarico particolare con due trombette sulla carenatura. Io lo guardai e gli dissi: ma dove vai con cotesto coso? E lui: è comodo per andare in giro, per andare a pesca…”. E in effetti furono quelle le prime uscite motorizzate tra “Fiume coi fratelli Polvani a pescare le trote” e i Pinesi “dove d’estate c’era una buca d’acqua alta due metri. Fabrizio tornò da una vacanza in Emilia Romagna a casa della zia con un tramaglio da mare e per noi fu festa grande: prendevamo pesci a secchiate…”. Successivamente i pomeriggi insieme furono all’Oratorio del Rivaio a Villa Ceccherini dove “c’era una campino da calcio ricavato nell’aia. C’erano anche dei vasconi colmi d’acqua e tanto per cambiare, si pescava anche lì”. I discorsi ricorrenti tra due quattordicenni erano la pesca e le moto evocando “alcuni personaggi che già correvano e ci affascinavano come Carlo Parroni; c’era l’amicizia col Bronzino che aveva un laboratorio dietro al Drago e risistemava le moto da regolarità. Era il 1973: un giorno dissi a Fabrizio di provare il mio Fantic; due mesi dopo lasciò il Lui e chiese al babbo Sergio un nuovo motore. Fu un giorno memorabile per tutti noi amici che attendevamo il ritorno di Fabrizio da Firenze dove era andato insieme al padre a comprare il famoso Ancillotti. Togliendo una ruota e smontando altri pezzi, riuscirono a infilare il motorino dentro la loro Fiat 850. Noi ragazzi li aspettavamo dal Beo (un meccanico punto di riferimento per i ragazzini ‘malati’ di motori, ndr) e quando arrivarono restammo affascinati da questa moto col serbatoio rosso fegato che a quel tempo era il top, il sogno di tutti i ragazzi” ricorda Alberto che si sofferma su un aspetto della personalità di Fabrizio: “Era molto attento al valore delle cose e non sprecava niente; aveva grande rispetto e cura per ciò che possedeva. Basti pensare che per mantenere la passione delle moto senza gravare sulla famiglia, a 15 anni andò a fare la stagione come cameriere nella riviera adriatica e a 16 anni facemmo la stagione allo zuccherificio di Castiglioni, per due anni. Lui era in un reparto tosto ma era felice perchè guadagnavamo bene e si sentiva indipendente. Per il suo compleanno, il 31 dicembre, voleva sempre il panettone nel cellophane comprato al mercato, non quello nelle scatole”. Nel garage del Rivaio Fabrizio e Alberto si cimentarono perfino nella costruzione artigianale di parafanghi per moto in vetroresina “grazie a un kit che avevamo visto sui giornali e lui aveva ordinato. Diceva: con quella cifra se ne paga uno e ce ne facciamo tre. Invece, ne facemmo due, poi finì lì…”

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